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Sul primo altare dextera intrantibus - antico fondatore e patrono, il Canonico Baccio Giovannini - San Pietro che, durante il suo apostolato in Antiochia di Pisidia, risuscita il figlio di Teofilo Prefetto di Antiochia, morto da quattordici anni, tela cm.350 x 200, eseguita nel 1594, come indicava la lapide sottostante, andata perduta nei restauri del ´700. Autore: Cosimo Gamberucci (Firenze 1562 - ivi 1621), secondo il suggerimento dello stile. Fino a poco tempo fa la pala era creduta, con errore, di Domenico Cresti, detto "il Passignano" (Passignano/Tavarnelle in Val di Pesa/Firenze 1559-Firenze 1638). Soggetto, pure errato: La resurrezione di Tabita, discepola del Santo. Due antichi storici locali, Felice Valentino Mannucci, 1745, e Giovanni Francesco Franceschini, 1760 ca., hanno tramandato che il personaggio all´estrema destra è il ritratto del committente e patrono dell´altare, Baccio Giovannini, Canonico del Duomo di Firenze e appartenente all´Ordine dei Filippini, di cui indossa l'abito. Sul secondo altare dextera intrantibus - antichi patroni, i Tortolini - San Pietro liberato da un Angelo dal carcere di Gerusalemme, dove Re Erode Agrippa I lo aveva rinchiuso per il suo apostolato cristiano, tela cm. 350 x 208, firmata e datata 1584 da Alessandro Allori (Firenze 1535 - ivi 1607). Sull´altar maggiore - committente della pala, Giovanni Battista Bruni - Cristo che da a San Pietro le chiavi del Regno dei Cieli, tela, a centina superiore, cm. 346 x 248, firmata e datata 1827 da Tommaso Gazzarrini (Livorno 1790 - Firenze 1853).
Sull´altare della Cappella a sinistra di quella maggiore - antica fondatrice e patrona, la Confraternita del Suffragio per le anime del Purgatorio, detta anche "delle Anime" - Cristo deposto sdraiato sul grembo della Madonna addolorata, e San Francesco d´Assisi che gli chiede di soccorrere le anime del Purgatorio, tela cm.250 x 164, eseguita nel 1658, secondo lo storico Franceschini, da Onorio Marinari (Firenze 1627 - ivi 1716): il che riceve conferma dall´esame stilistico. Una lapide sotto la mensa dell´altare attesta al 1665 l´erezione di questo, a spese di alcuni benefattori della Confraternita.
Una Confraternita che era stata istituita da poco tempo da Bernardo Catastini, Superiore dei Cappuccini per la Toscana, poi Generale dell´Ordine e Venerabile dopo la morte, il quale era stato incaricato nel 1658 delle prediche quaresimali a Castelfranco: il Santo sarebbe il ritratto di quel Cappuccino. Al disopra delle due aperture ad arco che mettono in comunicazione la Cappella maggiore con le Cappelle ai suoi lati, due grandi affreschi di forma ovale, con figure di Angeli in volo, dipinti da artista ignoto. Al disopra dell´ingresso laterale destro della Chiesa è visibile un grande affresco, in cornice di stucco sagomata, cm.275 ca. x 465 ca., che raffigura San Pietro arrestato dalle guardie neroniane, che stanno per condurlo al martirio. Si tratta di copia anonima della tela dipinta nel 1608-1610 ca. da Giovanni Lanfranco (Parma 1582 - Roma 1647), esposta un tempo a Parigi, Museo di Louvre, oggi a Versailles, Museo National du Chateau. La copia è ridotta e invertita rispetto all'originale; in questo infatti si vedono i Santi Pietro e Paolo condotti al martirio dalle guardie neroniane. La sua aggiunta alle opere d´arte della Chiesa risale ai rifacimenti del 1719-1722; nel 1991-1992 la copia è stata restaurata dalla pittrice empolese Lidia Cinelli. Sul primo altare sinistra intrantibus, già dedicato al Beato Gherardo Buonamici, c´era una pala, firmata e datata 1761 dal pittore Gesualdo Francesco Ferri (San Miniato/Pisa 1728 - ivi 1758) con La Vergine del Carmine che da l'abito e lo scapolare al Beato Gherardo, tra i Santi Antonio Abate, Lorenzo Martire e Jacopo Minore Apostolo, tav. cm.310 x 200, andata distrutta nella Seconda Guerra Mondiale. Per qualche tempo la pala è stata sostituita da altra simile, quasi una copia, dovuta al pittore locale Mario Barbieri. Nel 1996 al posto della copia è stata collocata una pala già sull´altar maggiore della ex-Chiesa locale dei Santi Jacopo e Filippo, annessa a un Convento di Agostiniane. La pala raffigura La Madonna in trono con Gesù Bambino benedicente tra le braccia; ai lati, i Santi Apostoli e Martiri Jacopo Minore e Filippo, tav. cm.210 x 205, che lo stile vuole eseguita da Antonio Ceraiolo (Firenze - ivi 1533) nel 1514-1515 ca.
Una Confraternita che era stata istituita da poco tempo da Bernardo Catastini, Superiore dei Cappuccini per la Toscana, poi Generale dell´Ordine e Venerabile dopo la morte, il quale era stato incaricato nel 1658 delle prediche quaresimali a Castelfranco: il Santo sarebbe il ritratto di quel Cappuccino. Al disopra delle due aperture ad arco che mettono in comunicazione la Cappella maggiore con le Cappelle ai suoi lati, due grandi affreschi di forma ovale, con figure di Angeli in volo, dipinti da artista ignoto. Al disopra dell´ingresso laterale destro della Chiesa è visibile un grande affresco, in cornice di stucco sagomata, cm.275 ca. x 465 ca., che raffigura San Pietro arrestato dalle guardie neroniane, che stanno per condurlo al martirio. Si tratta di copia anonima della tela dipinta nel 1608-1610 ca. da Giovanni Lanfranco (Parma 1582 - Roma 1647), esposta un tempo a Parigi, Museo di Louvre, oggi a Versailles, Museo National du Chateau. La copia è ridotta e invertita rispetto all'originale; in questo infatti si vedono i Santi Pietro e Paolo condotti al martirio dalle guardie neroniane. La sua aggiunta alle opere d´arte della Chiesa risale ai rifacimenti del 1719-1722; nel 1991-1992 la copia è stata restaurata dalla pittrice empolese Lidia Cinelli. Sul primo altare sinistra intrantibus, già dedicato al Beato Gherardo Buonamici, c´era una pala, firmata e datata 1761 dal pittore Gesualdo Francesco Ferri (San Miniato/Pisa 1728 - ivi 1758) con La Vergine del Carmine che da l'abito e lo scapolare al Beato Gherardo, tra i Santi Antonio Abate, Lorenzo Martire e Jacopo Minore Apostolo, tav. cm.310 x 200, andata distrutta nella Seconda Guerra Mondiale. Per qualche tempo la pala è stata sostituita da altra simile, quasi una copia, dovuta al pittore locale Mario Barbieri. Nel 1996 al posto della copia è stata collocata una pala già sull´altar maggiore della ex-Chiesa locale dei Santi Jacopo e Filippo, annessa a un Convento di Agostiniane. La pala raffigura La Madonna in trono con Gesù Bambino benedicente tra le braccia; ai lati, i Santi Apostoli e Martiri Jacopo Minore e Filippo, tav. cm.210 x 205, che lo stile vuole eseguita da Antonio Ceraiolo (Firenze - ivi 1533) nel 1514-1515 ca.
In un ambiente della Canonica si conservano altre due pale provenienti dalla ex-Chiesa dei Santi Jacopo e Filippo, eseguite, come vogliono la sigla "A.P." e lo stile, da Antonio Puglieschi (Firenze 1660 - ivi 1732) nell´anno 1700 ca.; ogni pala, su tela, misura cm.280 x 190. La pala già sull´altare della ex-Chiesa sinistra intrantibus, raffigura Gesù Cristo seduto su nubi, tra Angeli, che pone la sua corona di spine sulla testa di Santa Gertrude di Helfta; quella già sull´altare opposto raffigura La Madonna in trono con Gesù Bambino tra le braccia, la quale, insieme a lui, porge il "sacro cingolo" a Santa Monica madre di Sant´Agostino; Santi all´intorno, tra cui Santa Gertrude e San Nicola da Tolentino.
In altro ambiente della Canonica si conserva una grande tela con L´Ultima Cena, cm.170 x 550, della quale si ignora l´autore, difficile da stabilire dato il logorìo subìto dalla dipintura. Essa si trovava, fino al 1835 ca., al disopra della porta laterale sinistra della Chiesa, opposta cioè a quella che da sulla Piazza del Comune.
La tela fu tolta e la porta chiusa allorché, tra il 1835 e il 1839, si aggiunse alla Chiesa l´Oratorio di San Michele Arcangelo, dove la tela era collocata. Quando, nel 1767, venne soppressa la Chiesa dei Santi Martino e Barbara in Catiana, tutti i suoi beni mobili furono dati in custodia all´Opera della Collegiata di San Pietro. Tra questi, un dipinto già a tempera su tavola, poi passato su tela, di cm.172 x 175, dovuto al fiorentino Raffaele Botticini (1477 - 1520 ca.), rappresentante La nascita di Gesù Bambino e ai lati, in adorazione, i Santi Martino Vescovo di Tours e Barbara Martire; nello sfondo, in parte architettonico, in parte campestre, il corteo a cavallo dei Re Magi. Fu commesso nel 1512 dal Parroco di quella Chiesa, Mariotto di Giovanni Filippo di Mariotto - forse ritratto nel Santo Vescovo - per l'altar maggiore. Nel 1835 gli Operai dell´Opera della Collegiata di San Pietro trovarono conveniente vendere il quadro ad alcune persone inviate dallo Zar di Russia Nicola I Romanov, con a capo Vincenzo Brioschi, Direttore delle Gallerie dello Zar, perché acquistassero opere d´arte in Italia. E ne fu ricavata una somma molto alta, 3.000 Scudi fiorentini, dato che esisteva una vecchia attribuzione - oltre ad altre varie, tutte errate - a Raffaello Sanzio. Oggi l´opera è a San Pietroburgo, esposta al Museo dell´Ermitage. 13.000 Scudi servirono ai castelfranchesi per l´erezione della Cappella del Santissimo Sacramento.
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Ai lati della porta che da sulla Piazza del Comune, due statue marmoree entro nicchie. A sinistra, San Pietro, opera anonima del sec. XIV, proveniente forse dalla ex-Chiesa di San Pietro sull´Arno o San Pietro a Vigesimo; e attribuita, a torto, ad Arnolfo di Cambio, ma può essere solo di un suo seguace. A destra, San Paolo, scolpito nel 1977 dal Prof. Mario Bertini, pisano, e donato da Mary Papini. Altezza delle due statue: cm.160.
Alla parete destra della Cappella a destra di quella maggiore, il cenotafio in marmo, con busto e iscrizione latina, di Monsignor Vescovo Giulio Matteoli (Castelfranco 28.VIII.1841 - Livorno 22.VII.1900). Fu eletto Conte Romano da Papa Leone XIII; fu Canonico della Collegiata, di cui poi divenne Parroco, quindi Vescovo successivamente di Pescia (Pistoia), di Sovana - Pitigliano (Grosseto), di Livorno, dove, nella Chiesa del cimitero della Misericordia, sono sepolte le sue ossa. Suo fratello, Monsignor Marco Matteoli, fu egli pure Parroco della Collegiata e mori a Castelfranco nel 1918. La scultura fu eseguita nel 1904 dai fratelli Italo e Ugo Bovecchi di Pietrasanta (Lucca). Così l´iscrizione:
IULIUS MATTEOLIUS
COMES ROMANUS
VIRTUTIBUS DOCTRINA PRAECELLENS EPISCOPUS PETILIANEN(sis) PISCIEN(sis) LIBURNEN(sis) SANCTE VICIBUS REXIT ECCLESIAS HEU CITIUS DEFLETUS OBIIT
AN(nos) N(atus) LIX(die) DECIMO(ante) CAL(endas) AUG(ustas) A(nno) D(omini) MCM
HEIC MON(umentum) A(nno) CHRI(sti) MCMIV POSITUM EST UT CIVIUM ANTE OCULOS VERSETUR PRAESULIS OPTIMI LAUS
All´altare di questa Cappella - antica patrona, la Confraternita del Santissimo Crocifisso, soppressa nel 1785 - un Crocifisso ligneo ritenuto miracoloso, scolpito dall´artista locale Pietro Cavallini nel 1399. Infatti quell´anno uomini e donne appartenenti alla Confraternita fiorentina dei Bianchi (detti così per il colore della loro veste ufficiale) portarono il loro Crocifisso miracoloso in pellegrinaggio per la Toscana. E visitando ogni città come pure ogni paese, si fermarono anche a Castelfranco. Entrati nella Chiesa di San Pietro, si udì un misterioso coro angelico che, in onore di Dio, cantava dei versi come "Tu, Rex gloriae, Christe" etc.
Alla parete destra della Cappella a destra di quella maggiore, il cenotafio in marmo, con busto e iscrizione latina, di Monsignor Vescovo Giulio Matteoli (Castelfranco 28.VIII.1841 - Livorno 22.VII.1900). Fu eletto Conte Romano da Papa Leone XIII; fu Canonico della Collegiata, di cui poi divenne Parroco, quindi Vescovo successivamente di Pescia (Pistoia), di Sovana - Pitigliano (Grosseto), di Livorno, dove, nella Chiesa del cimitero della Misericordia, sono sepolte le sue ossa. Suo fratello, Monsignor Marco Matteoli, fu egli pure Parroco della Collegiata e mori a Castelfranco nel 1918. La scultura fu eseguita nel 1904 dai fratelli Italo e Ugo Bovecchi di Pietrasanta (Lucca). Così l´iscrizione:
IULIUS MATTEOLIUS
COMES ROMANUS
VIRTUTIBUS DOCTRINA PRAECELLENS EPISCOPUS PETILIANEN(sis) PISCIEN(sis) LIBURNEN(sis) SANCTE VICIBUS REXIT ECCLESIAS HEU CITIUS DEFLETUS OBIIT
AN(nos) N(atus) LIX(die) DECIMO(ante) CAL(endas) AUG(ustas) A(nno) D(omini) MCM
HEIC MON(umentum) A(nno) CHRI(sti) MCMIV POSITUM EST UT CIVIUM ANTE OCULOS VERSETUR PRAESULIS OPTIMI LAUS
All´altare di questa Cappella - antica patrona, la Confraternita del Santissimo Crocifisso, soppressa nel 1785 - un Crocifisso ligneo ritenuto miracoloso, scolpito dall´artista locale Pietro Cavallini nel 1399. Infatti quell´anno uomini e donne appartenenti alla Confraternita fiorentina dei Bianchi (detti così per il colore della loro veste ufficiale) portarono il loro Crocifisso miracoloso in pellegrinaggio per la Toscana. E visitando ogni città come pure ogni paese, si fermarono anche a Castelfranco. Entrati nella Chiesa di San Pietro, si udì un misterioso coro angelico che, in onore di Dio, cantava dei versi come "Tu, Rex gloriae, Christe" etc.
I castelfranchesi, commossi, convinsero i Bianchi a trattenersi finché lo scultore Cavallini non ebbe terminato una copia esatta di quel Crocifisso, che purtroppo è da tempo scomparso dalla sua vecchia sede fiorentina, la Chiesa di Santa Lucia sul Prato.
Sotto la mensa dell´altare, una lapide ricorda l´erezione, avvenuta nel 1665, dell´altare in pietra al posto di quello precedente in legno, a cura della Confraternita del Santissimo Crocifisso e di Pietro Guerrazzi, Canonico della Collegiata.
All´esterno di questo altare è stata posta, in tempi recenti, l´urna coi resti del Santo che dal 18 Novembre 1662 è il patrono principale della città, San Severo Martire, già all´altar maggiore. Dal Novembre 2013 ha avuto un altra collocazione ancora, più consona e definitiva, sopra l'altare della grande cappella laterale, detta del Santissimo Sacramento. Le reliquie del compatrono, il Beato Gherardo Buonamici, già all´altare delle Anime, sono state trasferite di recente in un ambiente della Canonica. Il Buonamici, di famiglia sanminiatese, fu Parroco della ex-Chiesa dei Santi Martino e Barbara in Catiana; terziario francescano, operò molti miracoli e morì nella sua sede il 28 Novembre 1292. San Severo era un Senatore romano e fu ucciso, per decapitazione, nel 343 dopo Cristo ad Adrianopoli (oggi Edirne, in Turchia) al tempo dell´Imperatore romano Costanzo, per essersi convertito dal paganesimo al cristianesimo. Secondo un´altra versione, la sua morte risalirebbe al 255 dopo Cristo, al tempo di un altro Imperatore romano, Valeriano. Nel 1662, per
Sotto la mensa dell´altare, una lapide ricorda l´erezione, avvenuta nel 1665, dell´altare in pietra al posto di quello precedente in legno, a cura della Confraternita del Santissimo Crocifisso e di Pietro Guerrazzi, Canonico della Collegiata.
All´esterno di questo altare è stata posta, in tempi recenti, l´urna coi resti del Santo che dal 18 Novembre 1662 è il patrono principale della città, San Severo Martire, già all´altar maggiore. Dal Novembre 2013 ha avuto un altra collocazione ancora, più consona e definitiva, sopra l'altare della grande cappella laterale, detta del Santissimo Sacramento. Le reliquie del compatrono, il Beato Gherardo Buonamici, già all´altare delle Anime, sono state trasferite di recente in un ambiente della Canonica. Il Buonamici, di famiglia sanminiatese, fu Parroco della ex-Chiesa dei Santi Martino e Barbara in Catiana; terziario francescano, operò molti miracoli e morì nella sua sede il 28 Novembre 1292. San Severo era un Senatore romano e fu ucciso, per decapitazione, nel 343 dopo Cristo ad Adrianopoli (oggi Edirne, in Turchia) al tempo dell´Imperatore romano Costanzo, per essersi convertito dal paganesimo al cristianesimo. Secondo un´altra versione, la sua morte risalirebbe al 255 dopo Cristo, al tempo di un altro Imperatore romano, Valeriano. Nel 1662, per
l´interessamento di Padre Anselmo Guerrazzi, Vicario Generale della Congregazione degli Agostiniani di Lecceto, incaricato della cosa da suo fratello Ludovico Guerrazzi, Parroco di San Pietro, le reliquie di San Severo furono fatte venire dalle Catacombe di Santa Ciriaca, sotto la Basilica romana di San Lorenzo al Verano. Un quadro col Martirio di San Severo, commissionato nel 1851 dal Comune di Castelfranco, per la Chiesa di San Pietro, al pittore locale Antonio Puccinelli (1822 - Firenze 1897), poi finito da Puccio Puccinelli dopo la morte di suo fratello Antonio, che l´aveva lasciato incompiuto per contrasti coi committenti dovuti a motivi finanziari. Dopo vari passaggi di proprietà dal 1939 si trova presso la famiglia Matteucci nella loro villa di Porretta Terme (Bologna). È una grande tela di cm.260 x 420; a Bologna, in altra Collezione privata, il relativo bozzetto. Nella grande Cappella del Santissimo Sacramento, eretta dov´era l´Oratorio della Confraternita di San Michele Arcangelo, all´inizio della parete destra si vede una bella riproduzione della Grotta di Lourdes, con la statua della Madonna bianco-vestita. Nei quattro angoli della parte quadrata che segue, vi sono quattro nicchie contenenti statue di materiale vario, colorate: legno, gesso, etc. A destra si trovano le statue di Sant´Antonio da Padova e di San Giuseppe, ciascuno con Gesù Bambino in braccio.
A sinistra, le statue di Sant´Ambrogio, Vescovo di Milano, e di Gesù Cristo che indica il suo cuore e lo offre ai fedeli.
Sull´altare, un Crocifisso ligneo del sec. XV, proveniente dalla Chiesa locale detta "La Badia". Due statue in legno colorato, rappresentanti L´Arcangelo Gabriele annunziante e La Vergine annunziata, alte ciascuna cm.160 ca., ritenute miracolose e perciò assai venerate, sono sul secondo altare sinistra intrantibus, in una grande nicchia vitrea color celeste chiaro; in alto, al centro di una raggiera dorata, la Colomba dello Spirito Santo. Antica patrona
dell´altare, la Confraternita del Rosario (o della Santissima Annunziata), soppressa nel 1785. Le statue sono attribuite dubitativamente a Nino Pisano (noto dal 1349, morto nel 1368), ma le loro forme, assai più semplici e comunque di uno stile diverso da quelle espresse da Nino nei suoi lavori sicuri, portano a pensare a uno scultore più tardo, forse di Scuola fiorentina. Una coppia di Angiolini in stucco, in atteggiamenti vari, ad altorilievo, si trova al disopra dell´incorniciatura di ogni altare. Per l´altar maggiore, il lavoro è più complesso: l´Angiolino di sinistra tiene le chiavi, quello di destra, la tiara papale, simboli ambedue di San Pietro, a cui Cristo dette "le chiavi del Regno dei Cieli" e che fu il primo Vescovo, ovvero Papa, di Roma. Diverso ma, insieme, abbastanza simile, è anche ognuno dei decori con Angeli per le due Cappelle ai lati di quella maggiore. Ognuno di questi decori si trova non
sull´incorniciatura dell´altare bensì sull´arcone d´ingresso alla Cappella: l´Angelo della Cappella a sinistra sostiene un´ostia raggiante al disopra della patena, quello della Cappella a destra, un tralcio d'uva. Nelle quattro vele del catino che, sostenuto da pilastri, segue la volta a botte del coro, le sculture in stucco ad altorilievo dei quattro Evangelisti coi loro simboli: San Matteo col bove, San Marco con il leone, San Luca con l´Angelo, San Giovanni con l´aquila. Al disopra del grande arco che separa il Presbiterio dalla navata, le statue di stucco, in grandezza naturale, dei Santi Pietro e Paolo seduti: San Paolo ha in mano la spada, San Pietro sorregge le chiavi "del Regno dei Cieli" e un libro sul quale è scritto: "Super hanc petram aedificabo ecclesiam meam". Ciascun altare è fiancheggiato da colonne in stucco, con capitelli corinzi, ma la parte dell´altare che da' sulla navata, ha l´arco sostenuto da due pilastri in muratura, con capitelli corinzi. Altri decori ovunque, specie elementi geometrici, fiori, foglie, in stucco, a basso o ad alto rilievo. All´inizio della navata - oggi gremita di panche moderne, ordinate nel 2003 da Monsignor Vasco Migliarini, insieme ai tre Confessionali nella Cappella del Santissimo Sacramento - due acquasantiere in marmo bianco, a semi-coppa, incastrate nel muro di facciata. Una scritta su quella sinistra intrantibus la dice eseguita a spese dell´Opera dei Santi Pietro e Paolo e messa in funzione il 26 Marzo 1550; una scritta su quella al lato opposto, la dice sponsorizzata dalla medesima Opera nel 1621. Le due iscrizioni, a stento leggibili, si trovano sulle basi. Presso la facciata, all´inizio della parete sinistra della Chiesa, si apre la porta d´ingresso al Battistero, dove si può ammirare la bella vasca a vaso, in marmo bianco, opera d´ignoto del sec. XV. Alla parete di fronte all'entrata, un grande affresco a centina superiore, pure d´ignoto e d´epoca imprecisabile, dato che il tempo lo ha molto logorato e sbiadito: Gesù Cristo che, a Nazareth di Galilea, sulle rive del fiume Giordano, riceve il Battesimo da San Giovanni Battista.
L´affresco nel 1935 fu restaurato dal castelfranchese Monsignor Giulio Melani, pittore dilettante, Parroco ad Antignano (Livorno), poi a Livorno. Alla parete c´è una piccola finestra, che si apre presso la facciata della Chiesa. Nella Sacristia, con ingresso alla parete sinistra della Cappella delle Anime, si possono ammirare molti sacri arredi, notevoli sia per la loro età vetusta, sia per il materiale di cui sono formati: provengono dalle quattro antiche Chiese Parrocchiali soppresse e sostituite da quella attuale. Si tratta di oggetti di vario uso ecclesiastico, in oro o in argento, di paramenti in stoffe preziose, di mobili, di codici. Oltre a queste cose, vediamo anche alcuni dipinti, su temi naturalmente religiosi, che il tempo purtroppo ha logorato e reso impossibile individuarne l´antico autore se non, almeno con esattezza, il soggetto stesso.
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La Chiesa è situata nel centro della città vecchia, con la facciata su Via Camillo Cavour e il lato destro su Piazza Remo Bertoncini, di fronte al Palazzo Comunale (già Palazzo dei Priori). La sua costruzione risale al sec. XIII e, almeno dal 1260, risulta dedicata a San Pietro. L´intenzione dei fondatori fu di sostituire, con una Chiesa Parrocchiale abbastanza ampia e nel cuore della città, presso il Municipio, le quattro piccole Cappelle sparse nella vicina campagna, ormai divenute insufficienti. Queste, col tempo, scomparvero e sopravvissero solo i loro nomi, che oggi designano, insieme all'arcone già soprastante le quattro porte d´ingresso alla città, le quattro contrade (o quartieri): San Pietro a Vigesimo (o sull'Arno), a Est, titolo che passò all´unica chiesa parrocchiale; San Martino in Catiana, a Sud; San Bartolomeo a Paterno, a Ovest; San Michele in Caprugnana, a Nord; l'arcone fu demolito nel 1843.
La scomparsa, graduale, di dette Cappelle significò anche il trasferimento dei loro beni alla Chiesa di San Pietro.
Paganello II dei Porcaresi - originari di Porcari/Lucca - dal 1274 al 1300 Vescovo di Lucca, nella cui Diocesi erano allora comprese le istituzioni religiose di Castelfranco, volle appoggiare la costruzione della Chiesa concedendo indulgenze a chi avesse donato il proprio lavoro o del denaro.
Molti accettarono la proposta, e cosi il 22 Ottobre 1284 Paganello poté procedere alla consacrazione. Il titolo "San Pietro Apostolo", ereditato dall´antica Cappella posta in prossimità, era in passato molto diffuso nella zona, per il fatto che certe Chiese e Cappelle venivano a trovarsi presso la Via Francigena o Via Romea, dalla quale passavano i pellegrini per recarsi a Roma a onorare la tomba di San Pietro e lucrare le indulgenze. Col tempo, dato che la festa di San Pietro era celebrata il 29 Giugno, insieme a quella di San Paolo Apostolo, il popolo si abituò a designare la Chiesa col doppio titolo "dei Santi Pietro e Paolo", che nel 1633 divenne ufficiale. Cosi nella decorazione interna le allusioni a San Paolo si associano, sebbene in minor misura, a quelle a San Pietro, le cui chiavi "decussate" - cioè incrociate a X, il latino "decem" (dieci) - sono sparse un po´ ovunque, in pittura o in scultura. Tuttavia, per decreto ministeriale del 1986, la Chiesa ha riavuto l´antico, semplice, titolo di "San Pietro Apostolo e Martire". Nel 1443 Papa Eugenio IV eresse la Chiesa a Propositura, e ne fu il primo Proposto Giovanni Bandini, consenziente il Vescovo di Lucca Baldassarre Manni. Nel 1622, 5 Dicembre, la Parrocchia passò dalla Diocesi di Lucca - di cui era Vescovo Alessandro II Guidiccioni (1600-1637) - alla Diocesi di San Miniato, allora fondata: ne fu primo Vescovo il fiorentino Francesco Nori, Canonico del Duomo di Firenze, che la resse fino alla sua morte, avvenuta nel 1631. Ciò per decreto di Papa Gregorio XV, su interessamento di Maria Maddalena d´Austria, madre del Granduca di Toscana Ferdinando II de´ Medici. Il 29 Settembre 1633 al titolo di Propositura fu aggiunto quello di Collegiata, per decreto del Vescovo di San Miniato Alessandro Strozzi (1632-1648), per cui essa divenne sede di un Capitolo composto da 14 Canonici, un Proposto, un Priore, un Decano e altri due Canonici soprannumerari. In seguito fu istituita un' Opera della Collegiata (che sostituì la precedente Opera dei Santi Pietro e Paolo), rimasta in vita fino al 1940: era formata esclusivamente da laici appartenenti alle famiglie locali più notevoli, che provvedevano a finanziare quanto, di volta in volta, era necessario al bene della Parrocchia, ricevendo aiuti anche dalla campagna circostante. E fu l´Opera della Collegiata a promuovere, nel '700, i lavori per un radicale restauro e ammodernamento della Chiesa. Progettista: il fiorentino Giuseppe Broccetti, architetto, scultore, stuccatore e medaglista (1684 ca.-1733). Oggi questi restauri di stile barocco - a cui nell' '800 e nel '900 se ne aggiunsero altri - ci nascondono quasi del tutto l´aspetto originario della Chiesa all'interno; invece all'esterno restano tracce più chiare che, insieme ai documenti e alle notizie degli storici, forniscono dati sulla costruzione originaria. Fino al 1719-1722, periodo del restauro barocco, la Chiesa aveva tre navate, divise da pilastri, e pochi altari. Nei sotterranei, tombe: sotto il Presbiterio, per i Sacerdoti; sotto le navate, per le famiglie locali più importanti; per il popolo serviva invece un cimiterino di fianco alla Chiesa, detto "di San Pietro". Tetto a capriate scoperte, finestre strette terminanti in alto con archetti a tutto tondo; di simile disegno le tre porte di facciata nonché quella sulla fiancata destra, su Piazza Bertoncini. Porte e finestre che furono chiuse e riaperte in prossimità di forma diversa, nei restauri settecenteschi: più in alto le finestre, di forma elegante "a campana", con vetri policromi, secondo il gusto dello stile barocco. La porta laterale era stata già chiusa e riaperta, un po´ più grande, sulla destra di quella antica, in un intervento del 1500.
Paganello II dei Porcaresi - originari di Porcari/Lucca - dal 1274 al 1300 Vescovo di Lucca, nella cui Diocesi erano allora comprese le istituzioni religiose di Castelfranco, volle appoggiare la costruzione della Chiesa concedendo indulgenze a chi avesse donato il proprio lavoro o del denaro.
Molti accettarono la proposta, e cosi il 22 Ottobre 1284 Paganello poté procedere alla consacrazione. Il titolo "San Pietro Apostolo", ereditato dall´antica Cappella posta in prossimità, era in passato molto diffuso nella zona, per il fatto che certe Chiese e Cappelle venivano a trovarsi presso la Via Francigena o Via Romea, dalla quale passavano i pellegrini per recarsi a Roma a onorare la tomba di San Pietro e lucrare le indulgenze. Col tempo, dato che la festa di San Pietro era celebrata il 29 Giugno, insieme a quella di San Paolo Apostolo, il popolo si abituò a designare la Chiesa col doppio titolo "dei Santi Pietro e Paolo", che nel 1633 divenne ufficiale. Cosi nella decorazione interna le allusioni a San Paolo si associano, sebbene in minor misura, a quelle a San Pietro, le cui chiavi "decussate" - cioè incrociate a X, il latino "decem" (dieci) - sono sparse un po´ ovunque, in pittura o in scultura. Tuttavia, per decreto ministeriale del 1986, la Chiesa ha riavuto l´antico, semplice, titolo di "San Pietro Apostolo e Martire". Nel 1443 Papa Eugenio IV eresse la Chiesa a Propositura, e ne fu il primo Proposto Giovanni Bandini, consenziente il Vescovo di Lucca Baldassarre Manni. Nel 1622, 5 Dicembre, la Parrocchia passò dalla Diocesi di Lucca - di cui era Vescovo Alessandro II Guidiccioni (1600-1637) - alla Diocesi di San Miniato, allora fondata: ne fu primo Vescovo il fiorentino Francesco Nori, Canonico del Duomo di Firenze, che la resse fino alla sua morte, avvenuta nel 1631. Ciò per decreto di Papa Gregorio XV, su interessamento di Maria Maddalena d´Austria, madre del Granduca di Toscana Ferdinando II de´ Medici. Il 29 Settembre 1633 al titolo di Propositura fu aggiunto quello di Collegiata, per decreto del Vescovo di San Miniato Alessandro Strozzi (1632-1648), per cui essa divenne sede di un Capitolo composto da 14 Canonici, un Proposto, un Priore, un Decano e altri due Canonici soprannumerari. In seguito fu istituita un' Opera della Collegiata (che sostituì la precedente Opera dei Santi Pietro e Paolo), rimasta in vita fino al 1940: era formata esclusivamente da laici appartenenti alle famiglie locali più notevoli, che provvedevano a finanziare quanto, di volta in volta, era necessario al bene della Parrocchia, ricevendo aiuti anche dalla campagna circostante. E fu l´Opera della Collegiata a promuovere, nel '700, i lavori per un radicale restauro e ammodernamento della Chiesa. Progettista: il fiorentino Giuseppe Broccetti, architetto, scultore, stuccatore e medaglista (1684 ca.-1733). Oggi questi restauri di stile barocco - a cui nell' '800 e nel '900 se ne aggiunsero altri - ci nascondono quasi del tutto l´aspetto originario della Chiesa all'interno; invece all'esterno restano tracce più chiare che, insieme ai documenti e alle notizie degli storici, forniscono dati sulla costruzione originaria. Fino al 1719-1722, periodo del restauro barocco, la Chiesa aveva tre navate, divise da pilastri, e pochi altari. Nei sotterranei, tombe: sotto il Presbiterio, per i Sacerdoti; sotto le navate, per le famiglie locali più importanti; per il popolo serviva invece un cimiterino di fianco alla Chiesa, detto "di San Pietro". Tetto a capriate scoperte, finestre strette terminanti in alto con archetti a tutto tondo; di simile disegno le tre porte di facciata nonché quella sulla fiancata destra, su Piazza Bertoncini. Porte e finestre che furono chiuse e riaperte in prossimità di forma diversa, nei restauri settecenteschi: più in alto le finestre, di forma elegante "a campana", con vetri policromi, secondo il gusto dello stile barocco. La porta laterale era stata già chiusa e riaperta, un po´ più grande, sulla destra di quella antica, in un intervento del 1500.
All'estremità di questa parte laterale, resta la vecchia meridiana in marmo, fornita di un ferro sporgente che, con un'ombra, indica le ore della giornata. Collaborò ai restauri, insieme al Broccetti, lo stuccatore castelfranchese Giovanni Rodolfo Frullani (o Furlani), di origine svizzera (la sua famiglia era di Montagnola, presso Lugano; fu attivo almeno fino al 1751), il quale si occupò di disegnare i numerosi elementi decorativi e li eseguì in parte egli stesso, in parte li affidò ad aiutanti. Soprintendente ai lavori, su incarico del Magistrato dei Signori Nove di Firenze, il Marchese Luca Cosimo degli Albizi. Gli Albizi erano noti come generosi benefattori di Castelfranco e paesi vicini: in certi mesi dell´anno essi, lasciate le loro dimore fiorentine, venivano ad abitare una loro villa - già castello - a Montefalcone (oggi Frazione del Comune di Castelfranco). I lavori di muratura e di falegnameria furono affidati agli artigiani locali Giovanni Scheggi e fratelli. Naturalmente si dovettero trasferire altrove tutte le cose preziose e anche quelle soltanto utili, che avrebbero potuto subire dei danni. E le funzioni religiose, finché durarono i restauri, si tennero nella Chiesa di Santa Maria Maddalena Penitente, detta "la Badia", col permesso dei Canonici di San Frediano di Lucca, che avevano in custodia detta Chiesa.
La parte più importante dei lavori, iniziati nel Marzo 1719, era già finita nel 1722 quando, il 29 Giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, la Chiesa fu riaperta al pubblico dei fedeli e vi ripresero le funzioni religiose. Altri restauri, essi pure notevoli, si ebbero nel 1887-1889 e, recentemente, nel 1991 e anni seguenti con un´aggiunta di una valida e generale illuminazione elettrica, promossi dall'allora Parroco Don Vasco Migliarini, che dall´11 Ottobre 1987 fino all' 8 Settembre 2010 ha ricoperto questa cattedra e il 7 Agosto 2003 fu insignito del titolo di Monsignore, con la qualifica di Cappellano d´Onore di Sua Santità il Pontefice. L' 8 settembre 2010 è stato nominato l' attuale Parroco Don Ernesto Testi, che ha fatto il suo ingresso solenne il 23 Ottobre dello stesso anno. Oggi la Chiesa ha un´altezza pavimento/soffitto di 20 metri e una superficie di 2600 metri, ai quali si aggiungono i 2120 metri della Cappella del Santissimo Sacramento, che è l´ex-Oratorio di San Michele Arcangelo soppresso nel 1785, già ufficiato dalla Confraternita di San Michele, e unito alla Chiesa di San Pietro nel periodo 1835-1839 per aumentarne la capienza.
La parte più importante dei lavori, iniziati nel Marzo 1719, era già finita nel 1722 quando, il 29 Giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, la Chiesa fu riaperta al pubblico dei fedeli e vi ripresero le funzioni religiose. Altri restauri, essi pure notevoli, si ebbero nel 1887-1889 e, recentemente, nel 1991 e anni seguenti con un´aggiunta di una valida e generale illuminazione elettrica, promossi dall'allora Parroco Don Vasco Migliarini, che dall´11 Ottobre 1987 fino all' 8 Settembre 2010 ha ricoperto questa cattedra e il 7 Agosto 2003 fu insignito del titolo di Monsignore, con la qualifica di Cappellano d´Onore di Sua Santità il Pontefice. L' 8 settembre 2010 è stato nominato l' attuale Parroco Don Ernesto Testi, che ha fatto il suo ingresso solenne il 23 Ottobre dello stesso anno. Oggi la Chiesa ha un´altezza pavimento/soffitto di 20 metri e una superficie di 2600 metri, ai quali si aggiungono i 2120 metri della Cappella del Santissimo Sacramento, che è l´ex-Oratorio di San Michele Arcangelo soppresso nel 1785, già ufficiato dalla Confraternita di San Michele, e unito alla Chiesa di San Pietro nel periodo 1835-1839 per aumentarne la capienza.
Un'unica navata, tre Cappelle sul Presbiterio, rialzato di tre gradini rispetto al piano-terra; due altari su ogni lato della navata, uno nella Cappella del Santissimo. Gli altari sono fiancheggiati da colonne in stucco con capitelli corinzi; in alto corre un cornicione pure in stucco. Al disopra di ogni altare, una finestra; al disopra delle tre porte di facciata, l'organo, con la sua cantoria in legno intagliato. Sopra la navata, volta a botte, volta analoga sopra il Coro; sopra l'altare maggiore, volta a cupola, in cui si aprono tre finestrelle incorniciate di decori in stucco. Un ingresso secondario, esso pure per i fedeli, si apre nella parete destra della Cappella del Santissimo. Sopra il tetto della Sacristia - alla quale si accede dalla parete sinistra del Presbiterio - un piccolo campanile a vela, eretto nel 1945 dalla Ditta Taviani, in sostituzione di quello precedente, andato distrutto nella Seconda Guerra Mondiale.